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Il tempio d’Ercole

Da qualunque punto si guardi Cori, il tempio d’Ercole è il primo gioiello che attrae l’occhio: un tempio dorico che svetta sull’antica acropoli della città, con le sue colonne praticamente intatte.

tempio_d_ercole CoriL’architettura

Nell’89-80 a.C., quando è stato costruito, il tempio d’Ercole doveva essere uno spettacolo per gli occhi: in travertino, ricoperto di stucchi colorati, issato su un podio probabilmente rivestito di lastre di calcare, a cui si accedeva da una scalinata andata perduta.  Monumento nazionale dal 1898, oggi se ne conservano soltanto il pronao e la parete d’ingresso della cella, che in origine doveva avere quattro lati chiusi.

Per la pianta, le caratteristiche delle colonne, dei capitelli e dell’architrave, il tempio d’Ercole è un perfetto esempio di uno stile dorico reinterpretato in chiave italica. Tra il 100 e l’80 a.C., infatti, si diffuse in Italia la pratica di ispirarsi ai modelli architettonici greci, rivedendoli secondo il gusto locale. Le colonne, alte 7 m, reggono un architrave che alterna triglifi (scanalati) e metope (lisce) in origine decorate con stucchi policromi. Notate in particolare i gocciolatoi a testa di leone. Sull’architrave della porta, un’iscrizione riporta i nomi dei due magistrati che curarono la costruzione dell’edificio, Marco Maglio e Lucio Turpilio.

 

I misteri

Rispetto al terrazzamento sottostante, il tempio d’Ercole è fuori centro: è il segno della probabile presenza di un’altra costruzione oggi distrutta, forse un tempio più antico. A questo apparterrebbero le terracotte figurate e le ceramiche votive del IV-II sec. a.C. esposte nel Museo della Città e del Territorio.

Da sempre, il tempio è noto come tempio d’Ercole, ma in realtà la sua attribuzione non è certa. Così lo chiamano i coresi da tempo immemore, in base a documenti che risalgono a ben prima del 1600 e a un’iscrizione del XVIII sec. considerata apocrifa.

Una musa per gli artisti

Quel che è certo è che nei secoli il tempio d’Ercole di Cori ha attirato un gran numero di studiosi, interessati alla sua peculiarità architettonica. Gian Battista Piranesi gli ha dedicato una serie di incisioni, che si sono rivelate importanti anche per ricostruire l’antica forma dell’edificio. Pare che perfino Raffaello sia venuto a misurarlo e immortalarlo in alcuni schizzi, quando fu nominato architetto della fabbrica di S. Pietro al posto di Bramante.

Il campanile

Il campanile dietro il tempio appartiene alla vecchia chiesa di S. Pietro, distrutta durante i bombardamenti del 1944.

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